Brexit: da un piccolo dettaglio ad una grande occasione di trasformazione
di Alessandro Viviani e Stephen O’Brien
Sedi di Negoziazione in caso di no-deal e requisiti di capitale
Ad oggi (23 Novembre 2018) non è ancora chiaro se ci sarà un accordo o meno tra Unione Europea e Regno Unito sui termini della Brexit. Attualmente, una bozza di proposta di accordo è in discussione, sia in UK, sia nell’UE, ma il risultato non è ancora definito. E tra ministri inglesi che rassegnano le dimissioni per motivi opposti e l’emergere di altri temi lato UE, come quello di Gibilterra, prevedere il risultato delle discussioni in corso, non è esattamente il nostro focus.
Ci siamo però confrontati con alcuni nostri clienti internazionali a proposito degli impatti che la Brexit avrà sulla loro attività e l’opinione comune è che non esista una soluzione unitaria applicabile a tutti: l’analisi deve entrare nel dettaglio delle attività svolte da ciascun istituto e delle ragioni che hanno portato ad alcune scelte, con tutte le criticità che possono emergere proprio quando si entra nel merito di una situazione in un contesto poco definito e in continua evoluzione.
Un contingency plan in caso di uscita senza accordo
Tuttavia, esistono alcune certezze: l’UE ha emesso un Comunicato[1] su un contingency plan in caso si delineasse uno scenario di uscita senza alcun accordo. In questo caso, il Comunicato dell’UE – nel capitolo relativo ai Servizi Finanziari – focalizza l’attenzione su una soluzione ad-hoc per i servizi di Clearing e Depositario.
Le attività di Clearing e Depositario sono state espressamente identificate, sia poiché , ad oggi, esiste un volume estremamente ampio di derivati outstanding con un orizzonte temporale ben oltre la fine di Marzo 2019, sia perché si tratta di servizi che non possono essere sostituiti nel breve termine.
Per evitare discontinuità nel mercato, con potenziali impatti in termini di liquidità dei mercati stessi, la Commissione ha deciso che adotterà decisioni di equivalenza temporanee e condizionali per scongiurare “disruption” nelle attività di Clearing centralizzato e di servizi di Depositario (per semplicità, in questo testo , eviteremo di affrontare il termine “condizionali” ed il suo possibile significato).
Se da un lato questa soluzione molto specifica (essendo un’eccezione deve avere un perimetro limitato e ben definito), risolve il problema delle posizioni outstanding , dall’altro lascia aperti molti altri temi – meno urgenti ma non di secondaria importanza – per gli operatori di mercato. Ed il termine mercato non è stato scelto a caso.
Continuità per il Clearing, ma non per le Sedi di Negoziazione
Sebbene il Comunicato apra alla continuità del servizio di Clearing, tuttavia non copre la prima parte della catena, cioè le Sedi di Negoziazione (che siano esse mercati, OTFs,…): anche in caso di no-deal, dopo la Brexit le Sedi di Negoziazione basate nel Regno Unito continueranno ad operare e anche gli operatori UE potranno continuare ad operare all’interno di queste, che risulteranno, però, extra-UE.
Gli operatori di mercato UE che opereranno in Sedi di Negoziazione basate nel Regno Unito staranno operando al di fuori dell’Unione, con impatti immediati in termini di assorbimento del capitale. Questo perché le Sedi di Negoziazione basate nel Regno Unito saranno “third country exchanges”, da considerare “corporates”, invece che “institutions”, per l’analisi del rischio di credito di controparte, almeno fino a quando la Commissione deciderà formalmente di considerare lo specifico paese terzo (Regno Unito) “equivalente” in termini di supervisione prudenziale e requisiti regolamentari[2].
Per un qualunque operatore comunitario di mercato (una SGR, una banca,…) mantenere le proprie attività di trading su Sedi di Negoziazione basate in UK, in caso di no-deal, espone quindi ad un rischio, oltre ad implicare costi addizionali sotto forma di aumento dell’assorbimento patrimoniale.
Le conseguenze della Brexit estese anche in altre aree
Questo è solo uno dei potenziali casi in cui, sebbene nessuna regola vieti un’attività a seguito della Brexit, le conseguenze della Brexit stessa si estenderanno anche in altre aree (in questo caso l’ assorbimento patrimoniale) imponendo un’analisi di dettaglio delle ragioni di alcune scelte aziendali (il perché di quella Sede di Negoziazione, gli accordi di outsorcing, la data privacy e molti altri) e la necessità di rivedere decisioni e soluzioni ormai acquisite che solo raramente vengono rimesse in discussione.
Potrà la Brexit – ancora in fase di evoluzione e definizione – invece che essere subita come un esercizio obbligatorio di passiva analisi degli impatti da un punto di vista regolamentare, essere accolta come un’opportunità rivolta agli operatori per avviare un assessment radicale delle proprie attività nonché una rivisitazione delle scelte aziendali passate?
[1] COMMUNICATION FROM THE COMMISSION TO THE EUROPEAN PARLIAMENT, THE EUROPEAN COUNCIL, THE COUNCIL, THE EUROPEAN CENTRAL BANK, THE EUROPEAN ECONOMIC AND SOCIAL COMMITTEE, THE COMMITTEE OF THE REGIONS AND THE EUROPEAN INVESTMENT BANK – Preparing for the withdrawal of the United Kingdom from the European Union on 30 March 2019: a Contingency Action Plan – Strasbourg, 13.11.2018
[2] REGULATION (EU) No 575/2013 OF THE EUROPEAN PARLIAMENT AND OF THE COUNCIL of 26 June 2013 on prudential requirements for credit institutions and investment firms and amending Regulation (EU) No 648/2012 ,Title II, Chapter 1, Art. 107, Par. 3,4